Archivio annuale 2016

Volontari al Cav: “una scelta di Vita”

Volontari al Cav: “una scelta di Vita” (video).

E noi guardiamo alla Vita con gioia, entusiasmo e passione.

La stessa gioia, entusiasmo e passione che mettiamo nel nostro volontariato.

 

 

 

 

Suffragette e ricorrenze

Settant’anni fa, nel marzo del 1946 in occasione delle elezioni amministrative e il 2 giugno 1946 in occasione del referendum tra monarchia e repubblica, in Italia le donne votavano per la prima volta. Dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, il suffragio universale perfetto portava a compimento una battaglia cominciata in Italia all’indomani dell’Unità, passata attraverso le petizioni delle prime femministe all’inizio del Novecento e corroborata dalla partecipazione delle donne alla guerra di Resistenza…………………. il progetto di società democratica e partecipativa che si stava delineando, in cui le donne avrebbero continuato a lottare per affermare la parità dei loro diritti in ogni campo della vita privata e pubblica, dall’economia alla politica e alla cultura.
E’ questo lo spunto proposto dal Miur per la traccia del tema di argomento storico, della prima prova degli esami di maturità iniziati lo scorso 22 giugno.
Tacciata di banalità da alcuni, (lo storico Giovanni Sabbatucci su “La Repubblica” per esempio), troppo scontata per altri, la traccia comunque, richiama un tema importante ed attuale nonché un grande traguardo per le donne del nostro Paese che nella rivendicazione del diritto di voto si ispirarono alle suffragette di altre nazioni.

Le suffragette Lucy Burns e Katherine Morey

Le suffragette Lucy Burns e Katherine Morey

Curiosamente, lo stesso giorno di 99 anni prima, (22 giugno 1917) le suffragette americane Lucy Burns e Katherine Morey furono arrestate nel corso di una pacifica e silenziosa protesta di fronte alla Casa Bianca, mentre portavano uno striscione sul quale era citata una frase del presidente Woodrow Wilson: “Combatteremo per le cose che abbiamo sempre avuto a cuore, per la democrazia, per il diritto di coloro che si sottomettono all’autorità ad avere voce nei loro governi”.
Da qualche mese la femminista pro-life Alice Paul aveva organizzato picchetti davanti alla Casa Bianca.
Sfidando le intemperie, gli insulti e le violenze fisiche, più di un migliaio di donne (le “Sentinelle Silenziose”) rivendicarono giorno e notte tranne la domenica, il diritto di voto per le donne.
Il 27 giugno 1917, sei suffragette furono condannate a tre giorni di carcere per “ostacolo al traffico”.
Fu data loro la possibilità di pagare una multa di 25 dollari in luogo della galera, ma le donne scelsero il carcere dove chiesero di essere trattate come prigioniere politiche e continuarono la loro protesta mediante lo sciopero della fame.

Picchetto di suffragette davanti alla Casa Bianca

Picchetto di suffragette davanti alla Casa Bianca

Tre anni più tardi, il 18 agosto 1920, venne ratificato dai tre quarti degli Stati federati il XIX emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti d’America, che garantiva il diritto di voto alle donne in tutto il territorio della Federazione.

 

 

 

 

 

 

Foto tratte dal sito FeministsForLife.org

 

“Sarà femmina”.

Uno studio sull’aborto selettivo basato sul sesso, pubblicato l’undici aprile dal Canadian Medical Association Journal, ha riaperto la discussione nel Paese su questa terribile pratica.

Il Ministro della Salute della provincia dell’Ontario, Eric Hoskins (nella foto), si è detto “profondamente turbato”, ricordando ai medici che non dovrebbero eseguire simili procedure.

Il Ministro della Salute dell'Ontario, Eric Hoskins

Il Ministro della Salute dell’Ontario, Eric Hoskins

Riportiamo sull’argomento, l’articolo di Laura Bianchi pubblicato la scorsa settimana sul quotidiano “La Croce”.

Uno studio, pubblicato questa settimana dal Canadian Medical Association Journal, ha rivelato che in Canada l’aborto selettivo sulla base del sesso del nascituro è una realtà, diffusa in particolar modo nelle comunità di immigrati di origine indiana.

Se la proporzione normale di nascite tra bambini e bambine, in Canada, è di circa 105 maschi per ogni 100 femmine, tra le madri di origine indiana che hanno già due figlie, la proporzione salta a 138 maschi ogni 100 femmine. Tra le madri di 3 bambine si arriva a 166 maschi ogni 100 bambine. Gli autori dello studio hanno stimato che, negli ultimi 20 anni, a circa 4,472 bambine è stato impedito di nascere.

Che l’aborto selettivo (in base al sesso) sia una realtà in Canada non è nemmeno una novità: nel 2012, sempre il Canadian Medical Association Journal, aveva rivolto un appello ai medici, chiedendo di non rivelare ai genitori il sesso dei nascituri, prima della 30’ esima settimana di gestazione. Uno studio aveva infatti accertato che l’eliminazione, tramite aborto, di feti di sesso femminile, aveva determinato scompensi  delle proporzioni ‘normali’ maschio/femmina nelle nascite, all’interno di alcuni gruppi etnici, in tutto il Nord America.

Nel 2014 una dichiarazione congiunta della ‘Society of Obstetricians and Gynecologists of Canada’ (Associazione di Ostetrici e Ginecologi canadesi) e della ‘Canadian Association of Radiologists’  (Associazione dei Radiologi Canadesi) aveva chiesto di porre fine all’utilizzo degli strumenti ad ultrasuoni per ‘intrattenimento’ o per individuare il sesso dei bebè nel grembo materno.

Come sottolinea Robyn Urback dalle pagine del Toronto National Post: “ la questione è una patata bollente (e rischia di diventare una bomba a tempo – Ndt)  per il Governo canadese, sia dalla prospettiva del relativismo culturale, ma anche perché il nostro Primo Ministro Justin Trudeau, orgogliosamente femminista, aveva promesso che tutti i suoi Parlamentari avrebbero sempre votato in Parlamento a favore del ‘diritto di ogni donna a scegliere’.

In Canada le donne possono scegliere di porre termine alla propria gravidanza per qualsiasi ragione: perché sentono di essere troppo giovani, o troppo avanti con l’età, o perché non reputano di godere di una situazione economica stabile, o perché preferiscono concentrarsi sulle loro carriere o perché semplicemente non se la sentono di avere un figlio o di essere incinta. In ogni caso, il fattore decisivo è la qualità di vita della donna, non quella del bebè, e c’è pure ampio consenso sulla considerazione che sarebbe meglio abortire piuttosto che far nascere un bambino non desiderato.”

Nel caso dell’aborto selettivo sulla base del sesso del nascituro, invece, la decisione non ha nulla a che fare con la qualità di vita della madre, ed invece tutto a che fare con CHI la madre vuole che il bambino sia. Questo specifico tipo di aborto selettivo è interamente motivato da CHI il bambino è o diventerà: una donna.

Da ogni latitudine e da tempo le femministe vengono invitate a spiegare come ritengano di conciliare l’incoerenza tra il loro difendere il diritto di ogni donna a ‘scegliere’ ed il non pronunciarsi circa il diritto di ogni bambina a vivere.

Il punto sta tutto, forse, proprio qui: parlare di aborto tout court potrebbe anche consentire di considerare il feto come ‘un grumo di cellule’, operazione meno semplice quando sappiamo che il feto ha un sesso riconoscibile ed individuabile, come quando si parla di aborto selettivo.

A prescindere da come e se il Governo canadese deciderà di intervenire, risulta evidente che siamo di fronte ad una questione che le sole leggi non riusciranno a rimediare: in Canada bambini e bambine crescono godendo pienamente degli stessi diritti e delle medesime libertà, eppure la vita delle donne viene talmente sottostimata, che una famiglia sarebbe disposta ad abortire piuttosto che avere un’altra figlia.

Il caso canadese ci pone di fronte ad una realtà mondiale: le nostre società assomigliano sempre più a dei Club sociali all’interno dei quali i soci attuali decidono, per cooptazione, sull’incorporazione di nuovi membri.

La psicologia umana ha un funzionamento tale per cui l’uomo può abituarsi, senza alcun problema, ai comportamenti più barbari, purché essi vengano reiterati con la dovuta frequenza.

Viviamo in società che si infliggono, in modo continuo, attraverso l’aborto, una ‘strage di innocenti’ che si spinge fino al termine della gravidanza ed anche nei casi in cui i bambini indesiderati dovessero arrivare alla luce ancora in vita.

Come diceva Bernanos, ci sono una potenza tecnica ed una potenza economica che si sommano e che finiscono per spazzare via ogni scrupolo morale.

Michel Foucault, ne “La volontà di sapere, diritto di morte e potere sulla vita”, chiama questa congiunzione di poteri “bio-potere”: caratterizzato da una manipolazione dei corpi e da una gestione calcolatrice della vita.

Medici che diventano fabbricanti, donne-clienti, bambini interscambiabili e scartabili.

Primo Forum “Un de nous”

Parigi: Forum "Un de Nous"

Parigi I forum “One of Us”

LO STATO DELL’ARTE DELL’ATTIVISMO PROLIFE

In relazione al primo Forum “Un de nous” (Uno di noi) che si è tenuto a Parigi sabato 12 marzo 2016
vi invitiamo a leggere l’articolo di Laura Bianchi, pubblicato sull’edizione del 16 marzo del quotidiano “La Croce”,
dal titolo “Lo stato dell’arte dell’attivismo prolife”.

Clicca qui per leggere l’articolo oppure sul titolo.

 

Sono femminista e contro l’aborto

Femminista e contro l’aborto. Un controsenso? Leggendo l’articolo di Erika Bachiochi, americana, ex-abortista, pubblicato sul sito di CNN nel gennaio dello scorso anno, sembrerebbe proprio di no. Lo riproponiamo tradotto (chi volesse leggere l’originale può farlo sul sito di CNN cliccando qui) nel giorno in cui si festeggia la donna. Un punto di vista interessante quello di Erika e per noi italiane del tutto o quasi, nuovo.

Ma Erika non è una voce isolata. Negli Stati Uniti numerosissimi gruppi e le associazioni femministe a favore della vita.

Manifestazione delle prime femministe americane (primo '900)

Manifestazione delle prime femministe americane (primo ‘900)

Si rifanno tutti alla tradizione delle prime femministe americane che lottavano per l’emancipazione della donna, per il diritto di voto (ottenuto nel 1920), per migliori condizioni lavorative, per la sicurezza sul posto di lavoro, contro la violenza, per il diritto all’istruzione dei bambini, contro lo sfruttamento del lavoro minorile, ma erano anti-abortiste.

Una di loro, Alice Paul (un gruppo femminista porta oggi il suo nome) scrisse che l’aborto “è il massimo sfruttamento delle donne”. Sulla stessa linea la femminista Susan B. Anthony ed Elizabeth Cady Stanton figura guida dei primi movimenti femministi americani.

Per leggere l’articolo clicca sul link: “Sono femminista e contro l’aborto” di Erika Bachiochi

 

 

RAI: CRIMINALIZZAZIONE MEDICI OBIETTORI ?

E’ quanto afferma il prof. Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita a proposito della puntata del 17 gennaio di ‘Presa Diretta’ andata in onda su RAI Tre.

Ecco il comunicato stampa di Gigli ripreso al momento da ANSA, Dire e Italpress:

COMUNICATO STAMPA – RAI: GIGLI (MOVIMENTO VITA), GRAVE CRIMINALIZZAZIONE MEDICI OBIETTORI. COMMISSIONE VIGILANZA E ORDINI MEDICI INTERVENGANO

Roma, 18 GEN –  “Esprimiamo tutto il nostro sdegno per l’ennesima criminalizzazione dei medici obiettori andata in onda ieri sera nel corso della trasmissione ‘Presa diretta’ su Rai Tre, con il servizio pubblico responsabile della divulgazione di un prodotto infarcito di falsità. Invitiamo la Commissione di Vigilanza RAI ad intervenire correggendo l’uso dell’informazione a fini ideologici e la Federazione nazionale degli ordini dei medici a reagire a questo attacco ai fondamenti etici della professione”. Lo dichiara in una nota il presidente del Movimento per la Vita Italiano e deputato del gruppo parlamentare ‘Democrazia Solidale-Centro Democratico’, Gian Luigi Gigli.

“L’obiezione di coscienza non costituisce una benevola concessione da parte di uno Stato fonte di ogni diritto, bensì – sottolinea Gigli – un diritto che, al pari del diritto alla vita, lo Stato democratico può soltanto riconoscere, se vuole  distinguersi dai regimi autoritari.

Il rispetto della coscienza dei singoli connota soprattutto le democrazie pluraliste, in cui la mancanza di valori condivisi non può essere sostituita dall’imposizione per legge di un’etica, se pur maggioritaria. Rappresenta una difesa della coscienza del singolo, quando le leggi e le istituzioni mettono in discussione i diritti naturali, primo tra i quali il diritto alla vita. La richiesta di sopprimere la vita di un essere umano fa nascere, infatti, un insanabile conflitto nell’animo di chi ha scelto di curare e di aver cura.

I dati ufficiali del Governo hanno il pregio di dimostrare la pretestuosità degli attacchi ai medici obiettori di coscienza, contro i quali vengono periodicamente riproposti ostacoli alla progressione di carriera e concorsi riservati ai medici non obiettori.

Il Ministero della salute conferma infatti che non emergono criticità nella fornitura del ‘servizio’, riconducibili alla testimonianza a favore della vita dei medici obiettori. Continuano infatti a diminuire i tempi di attesa fra rilascio della certificazione e intervento, mentre il 90.8% delle IVG viene effettuato nella regione di residenza, anche perché ogni 75 strutture in cui si partorisce ve ne sono 5 in cui si fa  un’IVG: un dato decisamente elevato se si tiene conto che per fortuna il numero di IVG è pari a circa il 20% del numero di nascite. I medici non obiettori non possono nemmeno lamentare di essere ghettizzati a fare aborti, effettuando in media 1.6 aborti a settimana, con un minimo di 0.5 per la Sardegna e un massimo di 4.7 IVG per il Molise. Impossibile dunque che il carico di ‘lavoro’ legato alle IVG impegni tutta l’attività lavorativa di chi si è reso disponibile ad eseguire aborti.

Mentre si assiste alla cancellazione dei punti nascita, vi è il sospetto che l’insistenza nel voler penalizzare gli obiettori possa mascherare il tentativo di privilegiare le carriere  dei non obiettori a danno dei medici che optano per la sacralità della vita.

La presenza di obiettori è sotto attacco in Italia e nel resto d’Europa perché disturba chi vorrebbe fare dell’aborto un diritto e costituisce un silenzioso richiamo per tutte le coscienze sul valore della vita umana e sui diritti del nascituro”.

On. Prof. Gian Luigi Gigli

Presidente del Movimento per la Vita Italiano


		

Aborto, una tragedia da non banalizzare

«Aborto, una tragedia da non banalizzare».

Così titola il quotidiano “Avvenire” a pagina 15 dell’edizione odierna. Prendendo spunto dai recenti 4 casi di donne morte in sala parto e di quella morta durante un aborto, il giornalista Paolo Ferrario parla con il prof. Gianluigi Gigli presidente del Movimento per la Vita.

«Per non morire di parto bisogna migliorare l’efficienza dei punti nascita e non è detto che il modo migliore sia chiudere quelli che non arrivano a 500 parti all’anno». Non sempre, insomma, “razionalizzazione” e “sicurezza” vanno di pari passo, ricorda il presidente del Movimento per la Vita, Gian Luigi Gigli, che interviene sui decessi in sala parto delle ultime settimane, avanzando riserve su uno dei capisaldi del Piano del ministero della Salute su gestione e modelli dei punti nascita. «Prima di pensare di sopprimere il servizio in tante località sulla base di dati puramente quantitativi – sottolinea Gigli – sarebbe forse preferibile valutare per ognuno di essi le prestazioni, in termini di esiti e di complicanze».

Più avanti prosegue l’articolo:

In primo luogo, osserva il presidente del Movimento per la vita, chi vuole evitare che le donne muoiano durante un’interruzione di gravidanza, «dovrebbe lavorare con noi per rimuovere le cause socio-economiche che portano tante donne all’aborto». Oggi questo servizio viene svolto «senza alcun efficace intervento preventivo da parte delle istituzioni, ma soltanto con l’aiuto dei volontari dei nostri Centri di Aiuto alla Vita»

Avvenire aborto parto

L’articolo del quotidiano Avvenire